Leggo un’analisi che sottolinea come della maleducazione non se ne possa più. Non è soltanto una mancanza di buone maniere: è un segnale evidente del nostro tempo, una lenta discesa lungo i gradini della cattiva educazione. La scortesia, semplice difetto di gentilezza. La volgarità , che svilisce la bellezza dell’esistenza. La cafoneria, che inasprisce gli animi. La mancanza di senso civico, che sfregia la democrazia. E infine l’inciviltà , che spesso sfocia nella violenza.
Oggi si accetta e si giustifica tutto, come se la maleducazione non fosse più una colpa ma addirittura una virtù. Qualcuno scrisse: «La maleducazione è un’imitazione di forza dell’uomo debole». Verissimo. Aggiungerei: impreparato e incapace.
I problemi sociali sono prima di tutto politici. Per questo la politica dovrebbe mettere al centro i bisogni fondamentali dell’essere umano e non gli affari o la finanza. La casa, i salari troppo bassi, le interminabili liste d’attesa nella sanità sembrano temi marginali, quasi astratti, eppure sono questioni vitali. Sono proposte di civiltà politica, fondate su problemi concreti e reali. Non appartengono a destra, sinistra o centro: non hanno bisogno di etichette. Sono idee civili, progressiste, e proprio per questo chi le sostiene viene spesso bollato come visionario, illuso, privo di concretezza.
Chi manifesta maleducazione o cinismo, spesso esprime una disillusione profonda: il mondo che li ha cresciuti ha offerto mezze verità , ipocrisie, promesse mancate e bugie, modelli tossici che nel tempo logorano la fiducia. Alcuni reagiscono con rabbia, altri con accidia e indifferenza, altri ancora con cinismo. Non condivido queste reazioni, ma le comprendo: se ti accorgi che il gioco della vita è truccato, che il merito conta poco, che chi dovrebbe dare l’esempio è il primo a tradirlo, come puoi continuare a crederci?
Ecco allora l’importanza dell’educatore e dell’educazione: bisogna crederci. Punto. Perché, in caso contrario, il rischio è trasformare la rabbia e l’apatia in rassegnazione, o peggio, in autodistruzione. Un meccanismo che si autoalimenta, in cui la vittima diventa complice del problema, fino a trasformarsi in maledizione.
Con la parola civiltà  intendiamo armonia sociale, rispetto reciproco, valorizzazione delle diversità , equa distribuzione della ricchezza, efficienza amministrativa, rispetto delle fedi, pace e cooperazione tra i popoli, tutela del bene pubblico, decoro urbano, senso del dovere, condizioni di crescita per tutti e garanzie istituzionali sui bisogni fondamentali dell’uomo. Tutto questo fa parte della civiltà e dovrebbe appartenere naturalmente alla cultura di un popolo.
La storia ci mostra che ogni civiltà ha avuto tradizioni, istituzioni, religioni, arti, architetture e leggi, ma anche guerre, ingiustizie e violenze compiute per interesse di chi deteneva il potere. Per questo è essenziale imparare dal passato a non ripetere gli stessi errori, perché la vera civiltà si fonda su solidarietà , onestà e giustizia sociale: solo questi valori generano armonia e pace tra i popoli.
L’essere umano non può fermarsi all’indignazione di fronte all’ingiustizia: deve usare intelletto e ragione per promuovere un’azione politica ed educativa capace di superarla. Un ruolo decisivo spetta all’istruzione e all’educazione, soprattutto nei primi anni di formazione. Non basta l’istruzione libresca: occorre educare ai valori della vita, alla verità , alla rettitudine, all’onestà , alla solidarietà , al coraggio di opporsi alla prepotenza e all’avidità , al rispetto reciproco e alla pace tra i popoli.
La civiltà di una nazione è strettamente legata al progresso morale e intellettuale dei suoi cittadini. Nessuna conquista scientifica, economica o sociale avrà un senso senza una parallela trasformazione mentale. Solo se storia, letteratura, istruzione ed educazione riusciranno a trasmettere chiaramente cosa significhino civiltà e giustizia sociale, allora si potrà formare una coscienza capace di generare uomini virtuosi e una società più giusta.
Tutto dipende, però, dalla politica: se ispiriamo le leggi all’amore per il prossimo, promuoveremo armonia e giustizia sociale; se invece prevale l’egoismo, le leggi diventeranno strumenti di potere e interesse personale. Quanti sono, oggi, i politici capaci di mettere da parte l’ego e l’ambizione per lottare davvero per il bene comune?


